I formaggi italiani sono l’argomento del libro che è stato presentato martedì 24 maggio a Castel dell’Ovo (Napoli) nell’ambito della kermesse “Vitigno Italia“. Si tratta del volume “Caseus, il grande libro dei formaggi italiani”, scritto dall’esperto Renato Brancaleoni.
Il bel testo, pubblicato dalla Alma Plan, si propone come un itinerario nel mondo dei formaggi italiani, riguardante non solo le materie prime, ma anche e soprattutto tutti i processi di manipolazione che lo contraddistinguono. Per l’autore, lo scopo della pubblicazione è quello di orientare i consumatori alla ricerca e alla conoscenza della qualità.
Il punto di vista di Brancaleoni sul latte in polvere
“Come nel campo dei vini, anche nel campo dei formaggi l’Italia vanta diverse specialità – spiega Brancaleoni -. Oggi possiamo gustare decine di centinaia di vini, ognuno dei quali rappresenta un territorio che è caratterizzato da un microclima e da uno specifico terreno. Anche per i formaggi vale lo stesso discorso. L’animale è il clone della vite. Per la legge italiana il formaggio deve essere costituito da latte, callio e sale. La legislazione europea invece ammette anche l’utilizzo del latte in polvere. Aggiungendo quest’ultimo ingrediente otteniamo un prodotto di sussistenza che però non è espressione del territorio. Purtroppo il 45% del latte lavorato in Italia viene importato, per cui il comparto industriale si ritrova per forza di cose a scontrarsi con la legge europea che autorizza il latte in polvere. Esiste una denominazione europea, che si chiama Fontal, che in pratica è un formaggio che si può fare in tutta Europa: in Italia esce (costo stabilimento) a 6.80 euro, in Germania esce al di sotto dei 4 euro. Probabilmente questo costringerà le aziende italiane che producono latte ad esaltarlo in modo che vengano fuori le differenze (magari attraverso l’etichettatura)“.
L’affinamento
“Non esiste attualmente letteratura che parla di affinamento – afferma Brancaleoni -, questo libro è il primo testo. L’uomo non interviene sul processo di maturazione dei formaggi, se non attraverso tecniche di igienizzazione e toilettatura della forma. L’affinatore parte con un progetto ben preciso, attraverso il quale dà un’impronta al formaggio. E’ un lavoro per molti versi simile a quello dello chef, in quanto un cuoco quando fa un piatto nuovo non lo fa sicuramente per sbaglio, ma concretizza un sapore mentale. Se il risultato coincide con il sapore mentale che lo chef si era prefisso, quello è il piatto giusto. Il processo di affinamento, a differenza di quello della creazione di una nuova pietanza, è più lungo, dura dalle 2 alle 4 ore“.
Il formaggio di fossa
“L’affinamento del formaggio di fossa – dice Brancaleoni – è soprattutto opera di madre natura. I primi documenti che parlano di questo formaggio sono datati 1486; nasce in Romagna; i documenti parlano di fosse granarie dedicate alla conservazione del grano o alla stagionatura di un formaggio. Storicamente lo si è sempre fatto nel periodo che va dai primi giorni di agosto a metà novembre. Il formaggio viene però prodotto a maggio, in quanto esige di 90 giorni di preparazione. A metà luglio la fossa viene completamente rivestita di paglia (la trebbiatura della paglia avviene proprio a luglio, quindi le paglie che vengono utilizzate per rivestire le fosse sono particolarmente profumate). Altro ‘ingrediente’ fondamentale del formaggio di fossa è un’alta calura, e ad agosto fa sicuramente parecchio caldo. La maturazione avviene in assenza di ossigeno, questo permette lo sviluppo di cariche batteriche che ne influenzano il sapore. Dopo 4-5 giorni dall’inserimento in fossa, la temperatura aumenta tantissimo e il formaggio diventa molliccio. Terminato il picco di temperatura, il formaggio impiega 100 giorni per raggiungere i 18° iniziali: in questi giorni matura tutti gli umori della fossa (quindi ne sentiremo le caratteristiche minerali, quali lo zolfo, la grafite, la pietra focaia), le componenti fungine della paglia e gli umori dei formaggi contigui. Quando, dopo i 100 giorni, la fossa viene riaperta, sebbene la massa del formaggio si sia raffreddata, il cuore del formaggio è ancora un po’ caldo“.
I consigli di Brancaleone sui formaggi
- Il primo nemico del formaggio e il movimento dell’aria che avviene nel frigorifero. Quindi conviene conservarlo in un box per alimenti, sul fondo del quale deve essere adagiato un panno leggermente bagnato (ovviamente il contenitore deve essere chiuso). Far attenzione a non mettere nello stesso contenitore i formaggi blu con formaggi di altro tipo.
- Se sulla faccia di un formaggio si annida un po’ di muffa, non bisogna allarmarsi, anzi la muffa è sintomo della vitalità del formaggio, basta raschiarla.
- I formaggi vanno serviti accompagnati dal pane oppure da frutta con una componente acida più alta (ad es. ananas, chicco d’uva); la frutta, più della confettura, aiuta a ripulire il palato.
- Esistono tre versioni di formaggio: quella da antipasto, quella da piatto di portata e quello da dessert. Formaggi morbidi e leggermente aciduli sono da utilizzare per gli antipasti perchè aumentano la salivazione e, dunque, l’appetito. Come dessert, invece, vanno bene due bocconcini di un formaggio al top, perchè a fine pasto le papille gustative sono sature.
Leave a Reply