Presentata in un’anteprima riservata alla stampa e agli addetti ai lavori la mostra fotografica permanente Bubalus di Ottavio Celestino, un lavoro artistico unico nel suo genere che ha visto come protagoniste le bufale e l’ azienda zootecnica del caseificio del Caseificio Costanzo di Lusciano (Caserta).
La mostra è ospitata nel ristorante dell’azienda, sito ad Aversa (via Vito di Jasi). 8 immagini uniche, che hanno già suscitato l’interesse della critica e selezionate per il “200 Best Ad Photographers Worldwide 2016/2017” del Luerzers Archive.
“I nostri sogni sono pieni di animali- spiega Diego Mormorio, storico, critico della fotografia e saggista -. Nel nostro inconscio, essi restano quelli che ci contesero il mondo e che si fecero invidiare per la forza, la bellezza, l’agilità e la calma riunite in un unico corpo. Gli homo sapiens furono forse stupiti dalla capacità degli animali di stare immobili e improvvisamente scattare. Si guardi come i bambini osservano gli animali. È come se venissero rapiti e portati in un mondo fantastico. Agli albori della nostra specie. Guardano gli animali con lo stesso stupore con cui li guardavano gli artisti che dipinsero la grotta di Chauvet, nella regione francese dell’Ardèche, circa 32 mila anni fa. In questa grotta scoperta nel dicembre del 1994 – da un fotografo e speleologo, Jean-Marie Chauvet, insieme a due amici, Éliette Brunel e Christian Hilaire – troviamo le più antiche figure mai realizzate dall’uomo. Figure di animali: cavalli, mammut, renne, bisonti, stambecchi, leoni, rinoceronti, leopardi… specie che a quel tempo vivevano a due passi dall’odierna Parigi, mentre a partire da quella latitudine cominciava una coltre di ghiaccio“.
“È nata così l’arte- continua Mormorio – . Intorno alla rappresentazione degli animali, che incarnano la forza della natura, la potenza della Grande Dea, generatrice di vita e regolatrice dei vari cicli vitali dell’esistenza. La figura umana comparve assai più tardi, circa quindicimila anni fa, in una scena che rappresenta un sogno, nella grotta di Lascaux, in Dordogna, che è il più straordinario luogo d’arte del mondo, uscendo dal quale, nel 1940, appena dopo la sua scoperta, sembra che Picasso abbia detto: “Finalmente ho trovato il mio maestro”. Aggiungendo: “Noi non abbiamo inventato nulla”. Sfogliando i libri di storia della fotografia ci si accorge che sin dagli inizi gli animali sono stati una delle maggiori attrazioni dei fotografi, materia per delle immagini indimenticabili.Ci viene in mente, ad esempio, la famosissima fotografia eseguita in un giardino zoologico dal conte de Montizon nel 1855, che mostra un gruppo di visitatori che guarda ammirato un ippopotamo da dietro le sbarre. Indimenticabili anche l’immagine di un bambino vicino a due gabbie con dei pappagalli, ripresa da Edward Draper nel 1865, e quella in dagherrotipia opera di Jean-Gabriel Eynard-Lullin, che nel 1845 fotografò con chiaro compiacimento due buoi della sua fattoria attorniati da alcuni lavoranti. Ed è a queste che mi viene di pensare guardando le belle bufale fotografate con la consueta maestria da Ottavio Celestino. Per realizzare queste sue immagini il fotografo ha allestito un vero e proprio set, dove gli animali sembrano muoversi con una certa seriosità, come modelle sicure della propria bellezza. Celestino ha scelto di usare il fondo bianco. Ha voluto che nulla distraesse lo sguardo della fisicità delle bufale, dalla loro presenza. Così le bufale mostrano tutto il loro peso, il loro carattere, una certa selvatichezza. Il fotografo interpreta e celebra la vera materia prima che dà vita all’azienda e il suo radicamento sanguigno con il territorio aversano“.
“Agli occhi di chi guarda all’intreccio delle cose – continua il critico -, queste bufale sono un’immagine dell’Italia, così come la moda di cui le modelle popolano le passerelle. Come nella moda, il nostro Paese è, infatti, importante nella qualità dell’alimentazione, nella tipicità dei prodotti. Dunque, se nelle immagini di Ottavio Celestino le bufale si danno delle arie, fanno bene“.
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